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Il nuovo Codice della Crisi d’Impresa – Parte 2

Il nuovo Codice della Crisi d’Impresa – Parte 2

2.1 L’obbligo di istituire adeguati assetti organizzativi ed amministrativi-contabili: cosa significa?
2.2 Adeguati assetti organizzativi e Legge 231: aspetti di convergenza
2.3 A chi spetta l’obbligo di istituire adeguati assetti societari e qual è il ruolo dei diversi organi aziendali
2.4 Le funzioni aggiuntive di controllo introdotte dal Codice della Crisi
2.5 Conseguenze della mancata adozione di adeguati assetti;

2.1 L’obbligo di istituire adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili: cosa significa ?

La riforma organica della Crisi d’impresa ha introdotto una serie di misure volte a sensibilizzare gli organi di amministrazione e controllo delle società, obbligandoli ad attuare tutte le procedure necessarie per la rilevazione tempestiva della crisi d’impresa, al fine di garantire la continuità aziendale o il ricorso a strumenti di composizione preventiva della crisi.

Il Codice impone infatti a tutti gli imprenditori collettivi l’obbligo di adottare un assetto organizzativo adeguato ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi (vedi parte 1) e dell’assunzione di idonee iniziative volte al suo superamento.

Tale previsione è sancita come principio generale sia nel Codice della Crisi, sia nel Codice Civile, nel corpo del quale è stato aggiunto il comma 2 all’art. 2086 secondo cui: “L’imprenditore che operi in forma societaria o collettiva ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura ed alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita di continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Cosa significa in concreto ?
Partiamo dalle definizioni:

Per assetto organizzativo si intende il complesso delle delibere e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale venga assegnato e sia effettivamente esercitato ad un appropriato livello di competenza.

La Norma di Comportamento del Collegio Sindacale 3.4 precisa che un assetto organizzativo può definirsi adeguato quanto presenta i seguenti requisiti, considerati in relazione alla complessità della società e delle sue dimensioni:

-redazione di un organigramma aziendale con chiara identificazione delle funzioni e dei compiti e delle linee di responsabilità;
– esercizio effettivo dell’attività decisionale e direttiva da parte dei soggetti a cui sono formalmente attribuiti i relativi poteri;
– sussistenza di procedure che assicurino l’efficacia e l’efficienza della gestione dei rischi e del sistema di controllo, nonché la completezza e l’attendibilità dei flussi informativi;
– presenza di direttive e di procedure aziendali, loro aggiornamento ed effettiva diffusione.

Per assetto amministrativo si intende l’insieme delle procedure e dei processi atti ad assicurare il corretto svolgimento dell’attività aziendale e delle sue singole fasi. Comprende la parte del sistema operativo aziendale che consente di verificare le performance economico-finanziarie dell’impresa.

Gli assetti contabili sono parte di quelli amministrativi volti ad una corretta traduzione contabile dei fatti di gestione, sia ai fin di programmazione (budget economico e di tesoreria) che di consuntivazione (bilancio d’esercizio veritiero e corretto).

L’assetto amministrativo e contabile deve ritenersi adeguato se garantisce il raggiungimento di alcuni obiettivi minimi, quali:
– La rilevazione contabile tempestiva, regolare, corretta e pertanto attendibile;
– La produzione di dati utili per l’assunzione delle decisioni gestionali, e per la salvaguardia del patrimonio aziendale;
– La gestione integrata dei rischi aziendali (in particolare rischi di prezzo, credito, liquidità e di variazione dei flussi finanziari) e l’analisi dei punti di forza e di debolezza aziendali.

Tradizionalmente una corretta impostazione presuppone quindi un approccio ordinato alla gestione che richiede la sussistenza di alcune circostanze essenziali, quali;
– la redazione di un report periodico, con periodicità variabile a seconda delle dimensioni aziendali, per rilevare in tempo reale l’andamento della gestione (senza attendere la redazione del bilancio, che avviene in tempi successivi), applicando gli indicatori economici/patrimoniali/finanziari ritenuti idonei in base al tipo di attività;
– la predisposizione di una procedura di rilevazione dei flussi di incassi e pagamenti, con l’evidenza dei ritardi.

Per società mediamente strutturate, il tradizionale assolvimento dell’adeguatezza degli assetti societari previsti dall’art. 2086, 2° comma c.c. potrebbe essere garantito da una procedura scritta con conseguente assegnazione di compiti e responsabilità, coinvolgendo i seguenti uffici aziendali:
– Clienti e Fornitori, per la comunicazione di solleciti da inoltrare o pervenuti;
– Finanza, per il monitoraggio del debito bancario e degli affidamenti;
– Contabilità, per i dati amministrativi e la previsione dei flussi di cassa;
– Controllo di gestione, per i dati sulla marginalità, per l’elaborazione del piano industriale, del budget d’esercizio e dei report periodici.

2.2 Adeguati assetti organizzativi e Normativa 231: aspetti di convergenza

Un importante contributo alla costruzione di adeguati assetti può essere offerto dalla compliance prevista dalla Normativa 231/2001, stante la stretta correlazione esistente tra la materia di prevenzione dei reati societari (D.Lgs. 231) e quella della crisi di impresa, che trovano il minimo comun denominatore nella costruzione di adeguati assetti.

Infatti il legislatore (Artt. 6 e 7 D.Lgs. 231/2001) prescrive alle imprese di adottare “modelli organizzativi di gestione e di controllo idonei a prevenire reati, nonché a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio”, con modalità del tutto analoghe a quanto previsto, come sopra rilevato, in materia di crisi di impresa.

Del resto, è indubitabile che esista un legame biunivoco tra la prevenzione della crisi di impresa da una parte e quella del rischio di compimento di reati societari dall’altra: è statisticamente rilevato che la crisi di impresa comporti una maggior esposizione della stessa al rischio di commissione di uno dei reati di cui al D.Lgs. 231 (basti pensare a quelle imprese già in crisi, che nel tentativo di recuperare competitività, commettono illeciti per procurarsi vantaggi).

Può verificarsi all’opposto che eventuali reati commessi da amministratori o ruoli apicali della società, nell’interesse ed a vantaggio della stessa, possano comportare l’applicazione di sanzioni amministrative, pecuniarie e/o interdittive tali da innescare crisi aziendali, anche irreversibili.

Ecco quindi che l’adozione, da parte della società, di quell’insieme di iniziative ed attività inserite nel corpo del D.Lgs. 231 (mappatura dei rischi aziendali, redazione ed aggiornamento del Manuale organizzativo aziendale, nomina di un Organismo di Vigilanza che controlli l’applicazione della norme in esso contenute e ne curi le modifiche), nonché le informative periodiche all’Organismo di vigilanza e all’Organo amministrativo, consentono di attuare il necessario presidio richiesto dalla Legge, nonché di rilevare fatti aziendali dai quali possano emergere potenziali situazioni di malessere dell’impresa, indicatori di una crisi insorgente da affrontare prima che diventi irreversibile.

Ciò non implica che gli adeguati assetti di cui al Codice della Crisi e i Modelli Organizzativi ex D.Lgs. 231/01 debbano perfettamente coincidere, ma è evidente che un’organizzazione che abbia già adottato strumenti di risk approach per la prevenzione dei reati societari sarà più facilitata e pronta ad estendere tale metodologia organizzativa aziendale alla prevenzione della crisi d’impresa.

2.3 A chi spetta l’obbligo di istituire adeguati assetti societari e qual è il ruolo dei diversi organi aziendali

Il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura ed alle dimensioni dell’impresa va riferito all’imprenditore che operi in forma societaria o collettiva”, quindi alle:
-società di persone:
– società di capitali:
– imprese collettive non societarie (enti del terzo settore, quali consorzi, associazioni, ecc).

Per quanto concerne le società di persone la normativa civilistica stabilisce che la gestione dell’impresa si svolge nella disposizione di cui all’art, 2086 comma 2 c.c. e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale (art. 2257 c.c. in materia di società semplice applicabile per rimando alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice).

Di conseguenza l’obbligo ricade su tutti i soci-amministratori della società semplice, della società in nome collettivo (salvo quelli che per espressa comunicazione al registro imprese non siano amministratori) e sui soci accomandatari della Sas.

In materia di società di capitali, l’art. 2475 c.c. riguardo alle SRL, dispone che “la gestione dell’impresa si svolge nella disposizione di cui all’art, 2086 comma 2 c.c. e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo l’amministrazione della società è affidata ad uno o più soci….”.

La norma è sostanzialmente ripresa in materia di società per azioni.

In una società di capitali, rispetto all’adeguatezza degli assetti organizzativi, vanno ben compresi e funzioni ed i doveri dei diversi ruoli degli organi sociali. In particolare l’art. 2381 comma 5 del cc stabilisce che: “gli organi delegati curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate”.

Schematicamente:
– Gli amministratori delegati istituiscono gli assetti societari e ne verificano l’adeguatezza;
– Il Consiglio di amministrazione collegialmente valuta gli assetti;
– Il Collegio Sindacale vigila sull’adeguatezza;
– Il Revisore Contabile acquisisce conoscenza degli assetti organizzativi e di controllo al fine di pianificare le risposte di revisione ai rischi.

Il ruolo dei diversi organi societari riveste importanza anche ai fini delle responsabilità che sugli stessi ricadono in caso di default della società che abbia assetti societari non adeguati (vedi par. 1.4).
In merito alla posizione dell’imprenditore individuale, l’Art. 3 del D.Lgs. 83/2022 introduce l’obbligo a carico dello stesso, di “adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi ed assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte”.

2.4 Le funzioni aggiuntive di controllo introdotte dal Codice della Crisi

L’art. 2086 comma 2 c.c. specifica che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile deve essere “adeguato anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita di continuità aziendale”.

Si rinvia a quanto esposto nella prima parte di questo lavoro in merito alla definizione di crisi d’impresa ed ai “segnali di allarme” che la contraddistinguono.

In quella sede era stato sottolineato il fatto che assume centralità di interesse la situazione finanziaria dell’azienda (più che quella economica), sia attuale che futura, ed oggetto di analisi era il cash-flow atteso, che deve assicurare la copertura nell’arco dei successivi 12 mesi, delle obbligazioni sia programmate, che quelle non ancora assunte, purchè prevedibili nel normale corso dell’attività.

Per questo motivo, l’attività di controllo degli assetti aziendali, ai fini della prevenzione dello stato di crisi, non può fondarsi solamente su modelli di valutazione imperniati sull’utilizzo di valori iscritti in bilancio (indicatori), per quanto utili ed anche aggiornati in tempo reale, in quanto gli stessi sono basati sull’esperienza passata o presente.

L’organo di governo è quindi chiamato ad adottare strumenti di programmazione a medio termine (vedi parte 1), in base alle caratteristiche ed alle dimensioni d’impresa, perché solo in questo modo è possibile monitorare efficacemente l’andamento dell’impresa e prevenire situazioni di crisi ed insolvenza.

In questo contesto i dati storici, purchè completi ed aggiornati, costituiscono un necessario punto di partenza, ma vanno utilizzati in collegamento con la pianificazione aziendale per verificarne la coerenza e la capacità delle future scelte aziendali di superare eventuali difficoltà già individuate o previste.

E’ per questo motivo che, unitamente al puntuale controllo periodico dell’assenza dei “segnali di allarme” legati all’indebitamento nei confronti degli enti pubblici qualificati e degli istituti di credito (vedi parte 1), lo strumento principale che gli assetti societari dovranno predisporre per intercettare eventuali situazioni di crisi è il piano aziendale, primo requisito di una diligente conduzione dell’impresa.

Premettendo che un approfondimento sulla redazione del piano aziendale sarà oggetto della successiva terza parte del presente lavoro sul Codice della Crisi d’impresa, si anticipa in questa sede che solo la corretta redazione di un piano aziendale permette di individuare i presupposti di continuità aziendale e la sostenibilità del debito, e fornisce all’organo amministrativo le informazioni che consentono ex-ante di misurare il fabbisogno finanziario e le risorse disponibili per la sua copertura.

Il piano aziendale costituisce insomma lo strumento più efficace di governo dell’impresa e di tempestiva rilevazione del rischio di crisi aziendale, perché dalle informazioni che da esso scaturiscono è possibile redigere correttamente i documenti richiesti per il monitoraggio degli aspetti finanziari e dei flussi di cassa di breve periodo (budget economico – rendiconto di tesoreria con orizzonte temporale annuale).

2.5 Conseguenze della mancata adozione di adeguati assetti;

Si premette che la responsabilità civilistica degli amministratori è genericamente prevista sia nei confronti della società (art 2392 c.c.) per l’inosservanza dei doveri imposti dalla Legge, da assolvere con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, sia nei confronti dei creditori sociali (Art. 2394 c.c.), per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale, e verso i singoli soci o verso terzi (art. 2395 c.c.) nel caso di compimento di un atto illecito che arrechi danno al patrimonio dei medesimi.

Un’ulteriore nuova area di responsabilità dell’organo amministrativo riguarda ora l’istituzione degli assetti organizzativi ed amministrativo-contabili; questo obbligo deve essere costantemente monitorato ed aggiornato come si legge nel Codice della Crisi, che impone all’Organo amministrativo di procedere senza soluzione di continuità a valutare l’adeguatezza di tali assetti.

La violazione di tale obbligo, sia nell’aspetto statico (mancata istituzione degli assetti) sia in quello dinamico (mancato monitoraggio ed aggiornamento) configura una forma di responsabilità personale degli amministratori.

Secondo la prevalente dottrina la mancata predisposizione degli assetti organizzativi costituisce un inadempimento di gravità tale da configurare da sola una valutazione di negligenza nell’operato dell’Organo amministrativo e comporta, in caso di azione di responsabilità verso gli amministratori, una semplificazione sul piano probatorio, dovendo solo l’attore dimostrare l’entità e la quantificazione del danno (in tal senso anche Tribunale di Milano – ordinanza 21.4.2017).

Si sottolinea anche la recente sentenza del Tribunale di Cagliari n. 188 del 19.1.2022, nella quale viene evidenziato che “la mancata adozione degli adeguati assetti organizzativi è più grave in un’impresa in condizioni di equilibrio economico e finanziario piuttosto che in un’impresa in crisi”, sul presupposto che l’impresa in equilibrio dispone di risorse anche economiche per predisporre efficaci misure organizzative, amministrative e contabili.

In merito al giudizio sull’adeguatezza degli assetti, la concreta strutturazione degli stessi, in funzione della dimensione e complessità dell’impresa, rimane una scelta afferente al merito gestorio degli amministratori, e quindi in linea di principio insindacabile, nei limiti ovviamente in cui la scelta adottata non sia connotata da oggettiva imprudenza, tenuto conto delle cautele e delle verifiche necessarie alla previsione dei sintomi di crisi.

In conclusione si può affermare che il mancato funzionamento del sistema di allerta precoce avrebbe come pesante conseguenza l’imputazione di responsabilità patrimoniali a carico degli amministratori.

Da questo assunto appare evidente l’importanza di operare correttamente le scelte sugli assetti societari, onde evitare che, soprattutto nelle PMI, ove è frequente che l’amministrazione sia affidata agli stessi soci, la tutela della responsabilità limitata per i soci di società di capitali venga elusa dalla responsabilità patrimoniale a carico dell’organo amministrativo.

 


 

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